Domenico Antonio Mancini (Napoli, 1980), Michele Guido (Aradeo, Lecce 1976), Luca Monterastelli (Forlimpopoli, 1983), sono chiamati ad indagare la possibilità di attivare reciproche risonanze tra i loro lavori e gli ambienti della galleria Lia Rumma di Napoli.
I tre artisti intendono far risuonare quelle stanze sature di memorie, sedimentate nel tempo, innescando un’accelerazione improvvisa di significato per quei segni ivi custoditi. Il processo per il quale più fenomeni psichici si associano gli uni agli altri secondo criteri di somiglianza e non di contiguità, come accade nella risonanza fisica, appunto, li guiderà nel costruire una vera e propria architettura di relazioni, una macchina in grado di mettere in comunicazione ambiti storici e geografici differenti, un sistema capace di esplicitare nessi spaziali e fisici, fra interno ed esterno, fra usi pubblici e usi privati, fra natura e artificio. Tutto questo vuol dire progettare connessioni tra organizzazioni sociali, estetiche e comportamentali.
Un progetto interstiziale di mediazioni e legami fra contesti morfologicamente differenti, capaci di istituire forti relazioni in sezione verticale ed orizzontale con gli strati del contesto culturale esaminato.
Per queste ragioni non è possibile descrivere la mostra per come i visitatori la potranno ponderare a partire dal giorno di apertura al pubblico, se non raccontandola come un fantastico fenomeno, aperto ad evoluzioni indicibili se indicibile è l’arte visiva nella misura in cui prende coscienza del debito e della conseguente necessità di confronto col mondo formale di valori espressivi predeterminati, vengano questi dal passato o dal presente.
Sulla base di questa consapevolezza gli artisti non hanno dato un titolo alla mostra.
La tensione espressa nel dare comunque un’impronta autonoma al proprio linguaggio, spinge questi artisti a dare maggiore impulso all’attività mnemica, al fine di fare i conti, in tutta sincerità, con le forme predeterminate della cultura visiva.
La memoria degli eventi si condensa nelle immagini e nei segni-oggetto prodotti dagli artisti, questi diventano il luogo in cui più direttamente precipita e si condensa la memoria degli eventi, la memoria sociale che in determinate circostanze può essere riattivata e scaricata.
Marco Tagliafierro